Liliana Moro
“          ”

2018
neon
6 x 80 cm

5779. 7/12 – Liliana Moro

05.04.2019 – 04.05.2019

Liliana Moro
“          ”, 2018
neon
6 x 80 cm

“  “          ” è il titolo che ho dato a una mia opera del 2001 presentata da Emi Fontana a Milano, in cui il pavimento della galleria era ricoperto di cocci di vetro su cui il pubblico doveva camminare. Nel muro di fondo avevo aperto un buco da cui potevi vedere nella stanza a fianco un lettino per bambini in cristallo. “         ”  nonè un senza titolo o un senza parole ma uno spazio aperto. Ho così ripreso quel titolo facendolo diventare opera”- Liliana Moro.

Continuando la sua acuta investigazione sulla natura misteriosadell’arte visuale – e la sua possibilità di aprire vie alternative (sotto sopra, dentro e fuori) per guardare alla realtà che ci circonda – Liliana Moro ci porta verso una nuova avventura, che nasce dal fantasmagorico potere del linguaggio. Attraverso questo lavoro l’artista ha incapsulato una miriade di possibili favole: dal linguaggio al linguaggio del corpo, dal titolo di una mostra di opere al titolo della mostra quale opera in se stessa, dal gesticolare italiano allo slang americano, da Che fare? di Mario Merz a D(EAT)H di Bruce Nauman.

Con  “          ”  Moro sta creando una porta magica che ci porta in luoghi disparati; ironico a prima vista, questo lavoro può essere considerato un manifesto ufficioso della sua intera pratica, un continuo equilibriotra rigore e giocosità, una posizione unica che ha reso Moro una delle voci più interessanti della sua generazione.

“          ” di Liliana Moro costituisce il settimo capitolo di 5779, il progetto espositivo che inaugura la prima stagione di BUILDINGBOX, uno spazio indipendente facente parte di BUILDING ma caratterizzato da un programma unico e autonomo. Il progetto, a cura di Nicola Trezzi, ha aperto nella settimana di Rosh HaShana, il capodanno dell’anno 5779, come dice il titolo stesso, secondo il calendario ebraico.

Seguendo queste premesse, ossia una vetrina visibile 24 ore su 24, 7 giorni su 7, e un calendario di 13 mesi: 5779 è un anno bisestile (Nisan, Iyar, Sivan, Tammuz, Av, Elul, Tishrei, Marcheshvan, Kislev, Tevet, Shevat, Adar Asaf and Adar Beth), 5779 è una mostra collettiva nella quale le varie opere d’arte non sono presentate una vicino all’altra, bensì piuttosto una dopo l’altra. La struttura del calendario, giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, diventa la linea guida per la presentazione delle opere di molteplici artisti; questa impostazione trasforma il concetto stesso di mostra collettiva: da coesistenza e giustapposizione, a linearità e processione.

Inoltre, questo tipo di strutturazione decostruisce l’essenza stessa della mostra collettiva, che è, per definizione, una mostra con varie opere d’arte, di vari artisti, presentate una vicino all’altra in uno spazio definito e per un periodo di tempo limitato. Con 5779 l’idea della mostra collettiva, nella quale opere d’arte di diversi artisti appaiono una dopo l’altra nello stesso spazio, sostituendosi, subentrando l’una all’altra, suggerisce un’inversione dell’equazione alla base del fare mostre. Piuttosto che organizzare una mostra a partire dallo spazio, come succede usualmente, questa volta la mostra viene costruita sulla base del tempo.

Al fine di sottolineare ulteriormente la predominanza del tempo sullo spazio, completo ribaltamento del fare mostre e delle sue premesse, è stata presa la decisione di esporre opere che non solo sono visibili 24 ore su 24, 7 giorni su 7, ma sono anche ‘nutrite’ dall’elettricità, luci al neon, opere con lampadine, video, ecc., come “piccoli soli” (sebbene il calendario ebraico non sia puramente solare ma “solunare”) che scandiscono il ritmo del tempo.

Artisti